Le raviole bolognesi: la satira è un piatto dolce

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raviole bolognesi
 
In Italia ci è sempre piaciuto fare battute o creare nuove barzellette sui carabinieri. Da tempo oggetti e vittime di questo genere di scherni, li troviamo sbeffeggiati persino in leggende che tirano in ballo i santi cristiani, come nel caso della storia dell’invenzione delle raviole bolognesi in onore di San Giuseppe. Una pastafrolla atipica e morbidissima, che racchiude un cuore di mostarda. Spesso intinti nel vino o nel latte, questi dolci nascono per prendersi goliardicamente gioco di due imbronciati carabinieri. 

Il termine stesso “raviola” è il nome che i bolognesi danno al berretto che un tempo veniva indossato da queste forze dell’ordine: la feluca bicorne. Avete presente il cappello di Napoleone? Ecco, quella è proprio una feluca bicorne. Non sembra anche a voi un panzerotto o una mezzaluna ripiena? 

La leggenda bolognese di San Giuseppe e le raviole: inseguimenti, fughe e risse di un povero diavolo

  La leggenda vuole che il protettore di tutti i papà, San Giuseppe, dovette fuggire dalla Palestina per approdare in Egitto. Venne però inseguito da due carabinieri e così fu costretto a mutare spesso il suo itinerario. Il santo riuscì più volte a scappare da loro, proprio cambiando continuamente il suo percorso e raggiungendo terre sempre diverse: nessuna però lo portò mai fra le sognate terre del Nilo. Giunse ad un certo punto a Bologna e proprio qui i carabinieri riuscirono ad acciuffarlo. San Giuseppe lottò disperatamente per liberarsi, dando il via ad un rocambolesco parapiglia fatto di pugni e sonori ceffoni alla Bud Spencer e Terence Hill. Alla fine il Santo riuscì ad avere la meglio e a svincolarsi dalla rissa, ma non prima di aver disarmato gli aggressori con grande maestria. Ci si mise di mezzo pure Dio che, stanco di veder il povero San Giuseppe fuggire da profugo, intervenne con la sua mano divina e mise in fuga i due arcigni cattivoni. Fra le mani del santo rimase il berretto di uno dei due carabinieri e così se ne andò sventolando la raviola militaresca a mo’ di sberleffo. I bolognesi, che avevano assistito divertiti alla scena, rimasero così entusiasti che decisero che un tale evento a scapito dei temuti carabinieri andava assolutamente ricordato nei tempi a venire.  Crearono allora la raviola bolognese, un dolce ripieno di mostarda, fatto a “immagine e somiglianza” dalla feluca rimasta in mano a San Giuseppe. Da quel momento il 19 marzo a Bologna vengono preparate ingenti quantità di questi squisiti dolci e si festeggia così il santo nel giorno a lui dedicato.  

Le raviole bolognesi: il rito propiziatorio per l’equinozio

  Le raviole, oltre che divertenti leggende, sono anche il piatto forte di una tradizione emiliana di stampo propiziatorio. Il 19 marzo è, infatti, l’antivigilia dell’equinozio di primavera: l’inverno è in procinto di lasciar spazio alla rinascita primaverile e alla ripresa del lavoro nei campi. I contadini bolognesi in questa occasione organizzavano una festa di balli e canti nella speranza di una continuazione dell’anno economicamente più ricca. In quest’occasione le donne erano solite preparare le tipiche raviole ripiene di ghiotta mostarda bolognese. A Fiesso, una frazione di Castenaso, erano utilizzate per addobbare le siepi del circondario: chiunque passeggiava in quei luoghi poteva così godere della dolcezza di questi inusuali frutti. 

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